/ in appassion-arti

Nannucci a Milano

Parole e colori al servizio dell’arte. Le opere site-specific di Nannucci a Milano

 

Luci e colori sono i protagonisti indiscussi della mostra What to see what not to see di Maurizio Nannucci, ospitata presso la Galleria Fumagalli a Milano. Aperta al pubblico fino al 22 luglio 2017, la galleria di via Bonaventura Cavalieri dedica all’artista fiorentino la sua prima personale in Italia, dopo la grande antologica tenuta al Maxxi a Roma nel 2015.

Maurizio Nannucci, nato a Firenze nel 1939, è uno dei protagonisti dell’arte italiana più conosciuti a livello internazionale, famoso soprattutto per le sue installazioni al neon incentrate sulla dialettica fra immagine e parole, fra dimensione visiva e semantica, tutte sempre uniformate dall’elemento cromatico e luminoso.

Da sempre interessato al rapporto tra arte, linguaggio e immagine, tra luce, colore e spazio, ha saputo creare opere concettuali caratterizzate dall’utilizzo di media diversi: neon, fotografia, video e suono. Ha partecipato più volte alla Biennale d’arte e di architettura di Venezia, a Documenta di Kassel, alle Biennali di San Paolo, Sydney, Istanbul e Valencia e le sue opere sono esposte nei più importanti musei e gallerie di tutto il mondo.

Le cinque nuove opere site-specific di Nannucci, realizzate in neon di grandi dimensioni e di colori diversi, abitano le pareti dello spazio della galleria meneghina, dove la ripetizione di frasi affermative e negative si fa portatrice di una riflessione sulla condizione dell’uomo nella società odierna.

Quella che Nannucci mette in scena, è, infatti, una dialettica tra opposti, un confronto all’interno di uno schema del pensiero costruito sull’antitesi, che non vuole, però, offrire soluzioni definitive, bensì restituisce una valenza simbolica alle singole parole, fornendo allo spettatore un punto di partenza per una riflessione più profonda.

Sono parole sospese le sue, che rimandano al potere intrinseco della simbologia del linguaggio e della semantica, sono parole che compongono dichiarazioni universali.

Questo progetto, che si basa sulla reiterazione di sistemi del pensiero, mette in luce attraverso le parole, come i significati del linguaggio possano essere ricercati nella costante combinazione di elementi positivi e negativi che costituiscono la realtà simbolica e semantica che ci circonda. Le installazioni, potenti costruzioni luminose moderne, interagiscono, così, con gli spazi della galleria, andando a riempire le pareti bianche di un ambiente rarefatto, quasi asettico.

Dal 1967, anno in cui ha iniziato a produrre le sue prime opere in neon, la ricerca di Nannucci si è sempre interessata, infatti, a un dialogo interdisciplinare tra opera, architettura e paesaggio urbano.

I suoi sono testi che si relazionano sempre allo spazio in cui sono collocati, che lo rimodulano attraverso la luce e il colore: sono tutti capitoli di una poesia visiva che si costruisce di immagini scritte con parole.

Il tratto distintivo delle sue opere è determinato dalla centralità assunta proprio dalla parola, che non è mai fine a se stessa, né tanto meno collocata e scelta a caso: Nannucci dona al linguaggio un ruolo chiave e una possibilità di interpretarlo attraverso una lettura inaspettata.
Il significato delle sue frasi non è inequivocabile, ma aperto, fonte originaria di suggestioni.

È un invito a pensare nel profondo, dove la parola si fa specchio della percezione visiva e strumento di comprensione del mondo.

What to see what not to see, what to say what not to say, what to hear what not to hear, what to feel what not to feel, what to love what not to love, sono gli interrogativi che Nannucci pone al visitatore: cinque verbi, non casuali, reggono le cinque dicotomie che vogliono far riflettere sulle differenti possibilità di lettura e interpretazione dei segni che ci circondano. Vedere, dire, sentire (nel duplice significato di ascoltare e di provare una sensazione) e amare sono azioni che l’uomo quotidianamente compie, in modo consapevole, e talvolta anche automaticamente. Le opere in mostra uniscono la necessità primaria di far meditare lo spettatore sulla condizione dell’uomo nella società, all’urgenza di compiere una scelta e di orientare le proprie decisioni, considerando sia se stesso sia ciò gli è attorno.

Questo concatenarsi di azioni e pensieri trova la sua origine proprio nella tensione prodotta dalle parole illuminate, le quali non determinano risposte giuste a priori, ma forniscono uno strumento per analizzare e comprendere la realtà in cui siamo immersi.

Differenti punti di vista e possibilità di lettura si attivano, così, dallo scambio visivo e razionale tra l’opera e il fruitore. La mostra, infatti, può essere fruita dal pubblico con due approcci complementari: se il primo livello, più immediato e più forte, è quello del coinvolgimento emotivo prodotto dalla sensazione di essere quasi travolti e avvolti dalla luce e dal colore, il secondo invece è quello più razionale che fa riflettere sul messaggio scritto, sulla parola e sul significato.

La ricerca artistica di Nannucci si focalizza sulla forza della parola, che, unita al suo senso, sprigiona quesiti, valori e perfino stati d’animo.

L’inglese si fa lingua universale e veicolo di messaggi universali, che, attraverso la scrittura, producono concetti e stimolano percezioni sensoriali.

 

Dal suo lavoro emerge il potere ambiguo, segreto della parola che si eleva e diviene parte del vocabolario dell’arte; per l’artista l’immagine, infatti, trascende i limiti della rappresentazione, perde il suo valore figurativo, diventando un’immagine mentale, relativa, che può essere evocata anche da una sola parola.

Di fronte alle installazioni site-specific, il visitatore si troverà come un viaggiatore di fronte ad un bivio: egli è infatti libero di scegliere, per esempio, cosa vedere o cosa non vedere, in un cammino in cui di volta in volta decide se percorrere la via dell’affermazione o, invece, quella della negazione.

Il suo progetto di arte diviene, sotto quest’ottica, un labirinto nel quale si possono imboccare innumerevoli vie diverse: ogni frase rappresenta un percorso mentale che si biforca, componendosi di due vie, entrambe percorribili.

L’indagine di Nannucci si sviluppa a partire da tematiche legate alla contemporaneità che si soffermano sulla sequenzialità e ripetibilità dell’opera d’arte, la quale, attraverso l’uso del neon, diviene multiplo creativo e formula un nuovo linguaggio decontestualizzato, in grado di dialogare con lo spazio che occupa.

Parole chiuse nelle frasi, come in una sorta di scatola cinese, assumono il lessico incandescente di installazioni in neon, che assorbono ed emanano luce colorata. È il neon fluorescente che modella l’architettura e i luoghi in cui viene inserito, alterandone intimamente la percezione, sottolineando il gesto della visione contemporanea e fornendo una molteplicità di interpretazioni.

I messaggi dei suoi testi sono sempre sintetici e minimali e sono caratterizzati da una forma fisica: la parola, che abbandona la dimensione della pagina, occupa, infatti, lo spazio, esprimendo un concetto, si fa significato e invade l’ambiente architettonico.

La pratica artistica di Nannucci è, dunque, intrisa di linguaggio e scrittura e stimola una percezione sensoriale, che diviene interpretazione mentale ed estetica. Il mix di neon, lettere ed effetti cromatici, oltre a produrre un grande impatto, diventa un invito a misurarsi con interrogativi universali.

 

Per maggiorni informazioni:

Maurizio Nannucci – What to see What not to see

4 maggio – 22 luglio 2017

Galleria Fumagalli, Milano

galleriafumagalli.com

Giulia Fedrigo

Tags: